FILOSOFIA E TEOLOGIA
Sito ufficiale dell'Associazione Italiana per gli Studi di Filosofia e Teologia (AISFET)
 
Autore   Martino DONI,
Titolo   Inizio e fine del giardino. Estasi e inerzia/ Beginning and end of the garden. Ecstasy and inertia
Pagine   228-238
Abstract  

Il giardino serve per descrivere l’origine, per delineare il profilo di una dimensione altrimenti irraggiungibile dalla riflessione logica. Ossessione filosofica, l’origine non appartiene all’ambito di ciò che si possa concettualizzare. Tuttavia essa può essere rappresentata, e in quanto rappresentazione mostra una duplice valenza: da un lato il giardino esprime beatitudine, protezione e sicurezza; dall’altro esso è il risultato di una elaborazione, non è, il giardino, un primum. Già il racconto biblico della creazione attesta la duplicità dell’origine, che è relazione originaria. L’età moderna si apre con un processo di trasferimento dell’interrogazione filosofica e scientifica; tale processo è chiamato da Hans Blumenberg «rioccupazione» (Umbesetzung): la domanda sull’origine, dopo il veto della dialettica trascendentale, è sostituita da quella sulla continuazione del creato. A suscitare perplessità non è più l’incipit, ma la conservatio del mondo. Per questo il giardino scompare dall’orizzonte metaforico e insorge il tema escatologico, fisico e metafisico della conservazione della vita, del movimento e del cosmo. L’inerzia e l’autoconservazione diventano quindi i nuovi principi esplicativi, mentre gradatamente non soltanto vien meno il giardino, ma anche il suo creatore si eclissa, assumendo di volta in volta il ruolo di orologiaio, garante dell’equilibrio universale, contemplatore distaccato di minuscole avventure. Quel che manca alla prospettiva inerziale dell’età moderna, concentrata com’è sul mero contenuto, è l’apertura alla ragione pratica, al ‘tu’ a cui – come ogni domanda – occorre che sia rivolta.

The garden has been used for describing the origin, for tracing out the outline of a dimension that is unreachable by logical reflection. Origin is a real philosophical obsession, it doesn’t belong to the domain of what we can conceptualize. However, it can be represented, and in this shape it shows a double valence: from one side the garden expresses blissfulness, protection, safety; from the other side it is the result of a processing—it isn’t a primum. The Biblical scene of the creation had yet testified this doubleness of the origin, that is the original relation. Modernity starts with a process of transferring philosophical and scientific questions; Hans Blumenberg called this process «reoccupation» (Umbesetzung): the question of the origin, after the Kantian veto placed by the transcendental dialectics, has been replaced by the question of the continuation of the creation. The incipit doesn’t inspire perplexity any longer; conservatio does. For this reason, the garden is disappearing from the metaphorical horizon and the eschatological, physical and metaphysical topic of conservation of life, motion and universe is arising. Inertia and self-conservation become the new explicative principles, while the garden is gradually vanishing—and its creator is eclipsing itself, playing each time the role of the clockmaker, of the balance’s warrantor, of the detached entity contemplating tiny incidents. Modern age is a period characterised by the inertial perspective, concentrated on its mere object—so it is lacking in an opening to the practical reason, to the ‘thou’ to whom it must be addressed, as any question has to do.

     
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