FILOSOFIA E TEOLOGIA
Sito ufficiale dell'Associazione Italiana per gli Studi di Filosofia e Teologia (AISFET)
 
Autore   Paul van GEEST
Titolo   «…quae ad veritatem ac beatitudinem viam…» (De vera religione III.3). Agostino sulla verità al di fuori del tempo e dello spazio, nella quale è comunque possibile imbattersi / «…quae ad veritatem ac beatitudinem viam…» (De vera religione III.3). Augustine on the Truth outside time and space, which can nonetheless be encountered<
Pagine 427-443
Abstract  

Nel De vera religione Agostino si afferma come uno dei principali scrittori del cristianesimo primitivo che abbiano stabilito un rapporto con le scuole filosofiche e i movimenti ermeneutici del suo tempo, consentendo l’inculturazione del cristianesimo nel quinto secolo in un modo che risultò tanto accettabile quanto attraente. E ciò egli fa in modo straordinario, usando una strategia semantica per parole come «modus», «sapientia», «virtus» e «veritas», che comporta la cristianizzazione della denotazione di temini che sono cruciali nel platonismo, senza abbandonare la loro denotazione platonica. Assegnando alla virtù gli stessi attributi che sono ascritti a Dio, e con ciò decrivendo l’essenza e l’operare di Dio intermini etico-filosofici, egli aggiunge un nuovo strato di significati a termini come «modus». Interpretando le parole «modus», «sapientia», «veritas» come realtà sia umane che divine, Agostino sviluppa una strategia semantica senza precedenti, che ingloba il neo-platonismo nel cristianesimo. La stessa strategia si può discernere nel De vera religione. Via via che ci si addentra in questo trattato, diviene evidente che Agostino non solo tenta di raggiungere sia cristiani che neo-platonici, ciascuno nei propri termini, ma si sforza anche di convincere entambi i gruppi del fatto che ‘veritas’ si riferisce in ultima analisi a Cristo, senza per questo svuotare la denotazione neoplatonica.

In De vera religione Augustine proves that he is one of the leading early Christian writers who connect with the philosophical schools and hermeneutical movements of his time, enabling Christians in the fifth century to inculturate in a way that was both acceptable and attractive. Augustine even does this in an exceptional manner. He uses a semantic strategy for words such as «modus», «sapientia», «virtus», and «veritas», which involves Christianising the denotation of nouns that are crucial in Platonism, but without abandoning their Platonic denotation. By assigning to virtue the same attributes that are ascribed to God, and thus describing God’s essence and operation in philosophical-ethical terms, he adds a new layer of meaning to terms such as modus. In ‘opening up’ the words «modus», «sapientia», «veritas» by interpreting them as both human and divine realities, Augustine develops an unprecedented semantic strategy, which embeds neo-Platonism in Christianity. The same strategy can be discerned in De vera religione. As this treatise progresses, it becomes evident that Augustine is not only attempting to reach both Christians and neo-Platonists each on their own terms, but is also endeavouring to convince both groups of the fact that ‘veritas’ ultimately refers to Christ, without vacating its neo-Platonic denotation.

     
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